I cani del mare - I corsari della regina Elisabetta

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Mark Cartwright
da , tradotto da Giovanni De Simone
pubblicato su 03 luglio 2020
Disponibile in altre lingue: Inglese, Francese, Indonesiano, Portoghese
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I cani del mare era il nome con cui le autorità spagnole, in modo dispregiativo, chiamavano i corsari che, con il consenso e qualche volta l'appoggio finanziario di Elisabetta I d'Inghilterra (r. 1558-1603), attaccavano e depredavano gli insediamenti coloniali spagnoli e la flotta del tesoro, durante la seconda metà del XVI secolo. Avendo solo una licenza da parte della loro regina che li distingueva dai pirati, marinai come Sir Francis Drake (c. 1540-1596) e Sir Walter Raleigh (c. 1552-1618) fecero guadagnare enormi fortune ai loro finanziatori.; loro stessi divennero immensamente ricchi. Elisabetta e il suo governo, non potendo commerciare legittimamente con le colonie del Nuovo Mondo, dato che Filippo II (r. 1556-1598) aveva istituito un monopolio, utilizzarono allora la rapina come mezzo di persuasione verso il re di Spagna per fargli cambiare politica. Con il deteriorarsi delle relazioni anglo-spagnole, i corsari divennero uno strumento utile sia per ridurre la ricchezza della Spagna sia per rovinare i piani di Filippo, che voleva armare una flotta con cui sperava di invadere l'Inghilterra. Anche se alcune imprese si rivelarono un successo, specialmente la cattura di grandi navi del tesoro come la Madre de Deus, i corsari non lavorarono insieme abbastanza tanto da porre una minaccia seria e sostanziale al naviglio spagnolo, che cominciò ad essere scortato efficacemente da convogli armati. Tuttavia, per qualche decennio, le navi inglesi, veloci e piene di cannoni, capitanate da audaci avventurieri, causarono il caos in alto mare.

The Capture of Cacafuego by the Golden Hind
La cattura del Cacafuego da parte della Golden Hind
Friedrich van Hulsen (Public Domain)

Il Nuovo Mondo

L'immenso impero spagnolo nelle Americhe era una fonte di ricchezza allettante per le potenze europee rivali. Gli spagnoli razziavano oro, argento e gemme dai diversi paesi che avevano conquistato sul continente e rispedivano queste ricchezze in Europa con le navi del tesoro, spesso con cadenza annuale con una flotta, che a volte veniva chiamata la flota de plata (dalla parola spagnola plata, cioè argento). Avevano anche una flotta del tesoro che veniva dall'Asia - i galeoni di Manila - carica di costose spezie, finissima porcellana e altre merci preziose, soprattutto quando Filippo II di Spagna divenne anche re del Portogallo nel 1580. Il secondo motivo di interesse delle altre potenze era l'opportunità di commerciare sia con i popoli indigeni sia con i coloni spagnoli. Poiché Filippo non voleva che i suoi rivali commerciassero con le sue colonie, monarchi come Elisabetta I d'Inghilterra rivolsero la loro attenzione alla flotta del tesoro. Negli anni Sessanta del '500 c'era stato il tentativo di un commercio pacifico da parte di marinai come John Hawkins, ma l'attacco spagnolo a San Juan D'Ulloa, il porto per Vera Cruz in Messico, distrusse tutte le navi di Hawkins tranne due, mostrando chiaramente che gli spagnoli non avrebbero ceduto il loro monopolio nelle Americhe ad altre nazioni, nonostante neanche loro stessi non riuscissero a soddisfare la domanda, in particolare di schiavi e vestiti.

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A FRONTE DI POCHE MIGLIAIA DI STERLINE E QUALCHE VECCHIA NAVE, LA REGINA OTTENNE ENORMI PROFITTI DA QUESTE SPEDIZIONI, CHE TORNAVANO A CASA CON LE STIVE CARICHE DI MERCI PREZIOSE.

Assaltando le navi del tesoro di Filippo e gli insediamenti coloniali, l'Inghilterra diventò più ricca, la Spagna si impoverì e il re spagnolo fu costretto a concedere libertà di commercio nell'Atlantico occidentale. Per conseguire questo scopo, Elisabetta non solo chiuse un occhio sugli atti di pirateria compiuti dai suoi sudditi, ma li incoraggiò attivamente. Questo sostegno assunse diverse forme, tra cui ordini segreti, licenze ufficiali che permettevano la navigazione di navi corsare (lettere di corsa), soldi per comprare navi e depositi, l'utilizzo di navi della marina reale e il riconoscimento di titoli e proprietà in caso di successo. La regina spesso investì nelle società di capitali che furono create per finanziare specifiche spedizioni corsare. Alcuni viaggi comprendevano anche l'esplorazione di nuovi territori o rotte commerciali, come il passaggio a nord-ovest, che si sperava potesse connettere l'America del Nord all' Asia. Tuttavia, è oggetto di discussione se Elisabetta volesse davvero creare nuove colonie, dato che nell'immediato poteva appropriarsi delle risorse prodotte da quelle rivali.

Dopotutto con questo sistema aveva poco da perdere. A fronte di poche migliaia di sterline e qualche vecchia nave, la regina ottenne enormi profitti da queste spedizioni, che tornavano a casa con le stive cariche di merci preziose. Certamente questo tipo di guerra economica era più conveniente che finanziare grandi eserciti terrestri. Anche se non garantiva entrate regolari, quest’attività, che lei chiamava "lo scrigno", le permise di abbassare il carico fiscale che gravava sui suoi sudditi. In determinati anni, i profitti derivanti dalla guerra di corsa superavano il reddito annuale dell'Inghilterra di metà XVI secolo. Un ulteriore vantaggio era che i corsari acquisivano esperienza nella navigazione, esperienza che misero in campo nei casi di emergenza nazionale, come l'invasione dell'Invincibile Armata del 1588. Allo stesso tempo, la flotta di Filippo si indeboliva di pari passo.

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Elizabeth I Pelican Portrait
Elisabetta I, ritratto Pelican
Nicholas Hilliard (Public Domain)

Filippo certamente si arrabbiò per queste rapine, ma era occupato a mantenere intatto il suo impero in Europa ed era improbabile che iniziasse una guerra per pochi corsari. Come si sa, Filippo lanciò un attacco contro l'Inghilterra con l'Invincibile Armata. Le cause erano molteplici e i cani del mare erano solo una di queste. Verso la metà degli anni Ottanta del XVI secolo, gli inglesi compivano circa 150 spedizioni corsare all'anno, la maggior parte delle quali su piccola scala. Con il protrarsi della guerra anglo-spagnola, l'interruzione dei commerci legittimi divenne sempre maggiore e i mercanti, per continuare ad avere profitti, decisero di appoggiare finanziariamente i corsari.

I capitani

Curiosamente, molti cani del mare elisabettiani erano originari del Devon ed erano imparentati tra loro, o per sangue o per matrimonio. Molti giovani, probabilmente ispirandosi alle storie di famiglia e alla cultura marinaresca locale, decisero di seguire la scia dei loro padri e diventare capitani di vascelli corsari. Questi capitani a volte furono grandi servitori del loro sovrano, mentre altre volte si rivelarono un grande peso, come spiega lo storico S. Bridgen:

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Quando la terraferma non era più in vista, i capitani potevano scegliere se essere commercianti, pirati o esploratori, oppure ognuna di queste cose. Una volta in mare, quali vincoli avevano? Nel piccolo mondo di una nave, i capitani avevano un potere regale, persino tirannico, se dovevano prevenire un ammutinamento. (278)

I capitani si facevano pochi scrupoli sui rischi che comportava assaltare una nave o sul pericolo di essere chiamati davanti alle autorità. Come Walter Raleigh affermò una volta: "Hai mai sentito di qualcuno che venisse chiamato pirata per aver rubato milioni?" (Williams, 225). In altre parole, dato l'enorme ammontare dei tesori su cui mettevano le mani, i corsari ovviamente erano parte di un meccanismo di stato e non ladri comuni.

Francis Drake by Hilliard
Francis Drake, di Hilliard
Nicholas Hilliard (Public Domain)

I cani del mare di Elisabetta erano estremamente audaci, spesso talmente spericolati da rasentare la follia. La loro spavalderia forse era nata dalla generale negligenza che Filippo aveva per il suo tesoro. Le navi spagnole erano concepite per il trasporto e non per combattere. Molte di loro erano facili bersagli per le navi inglesi, agili e ben armate (nonché per le navi di altre nazioni, come Francia e Olanda). Alcune navi spagnole di una certa importanza erano armate, inoltre molti porti di rilievo nel Nuovo Mondo erano difesi con fortezze e batterie costiere. Tuttavia, navigare in alto mare era pericoloso e c'erano molte opportunità per i corsari e pirati propriamente detti di esercitare la loro attività illegale.

Francis Drake

Il più famoso di tutti i cani del mare era Francis Drake, il quale non solo credeva che l'attività dei corsari fosse una strategia economica e politica legittima, ma anche che fosse un modo per condurre una guerra di religione tra l'Inghilterra protestante e la Spagna cattolica. Dato che catturava le navi del tesoro in tutto l'Atlantico e il mar dei Caraibi, gli spagnoli lo chiamavano el draque ("il dragone"). Con il famigerato attacco all'insediamento spagnolo di Nombre de Dios, a Panama, nel 1573, Drake catturò un intero carico di argento. In seguito, incarnando l'incrocio tra esploratore e corsaro, compì la circumnavigazione del globo tra il 1577 e i 1580.

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CI VOLLERO SEI GIORNI PER SVUOTARE IL CACAFUEGO, CARICO DI ORO E ARGENTO.

Nell'epico viaggio a bordo della Golden Hind (“la cerva d'oro") attaccò l'arcipelago di Capo Verde, dopodiché si spinse verso le coste del Sud America per poi arrivare nell'oceano Pacifico, dove razziò gli insediamenti coloniali spagnoli (come Valparaiso) e altre navi del tesoro. A mano a mano che il viaggio proseguiva, venivano mappate tutte le coste che si incontravano. La preda più ricca del viaggio fu assaltata al largo del Perù, e fu la Nuestra Señora de la Concepción (alias il Cacafuego). Ci vollero sei giorni per svuotare il Cacafuego, carico di oro e argento.

Continuando lungo le coste di Nicaragua, Guatemala e Messico, Drake catturò ancora più navi, accumulando un bottino sempre maggiore. Il marinaio esplorò anche la possibile esistenza del passaggio a nord-ovest verso l'Asia, poi tornò verso sud per arrivare nella zona dove oggi sorge San Francisco, dove reclamò la terra per la regina, chiamandola "Nuova Albione" (una pretesa mai più rivendicata in seguito). L'intrepido navigatore attraversò il Pacifico e arrivò nelle indie orientali (Indonesia e Filippine) dove imbarcò un prezioso carico di spezie. Se la cavò dopo essersi incagliato su una secca, attraversò l'oceano Indiano, doppiò il Capo di Buona Speranza e tornò a Plymouth dopo un viaggio di 2 anni e 9 mesi. Il valore stimato del bottino da lui riportato fu di circa 600.000 sterline, che era più del doppio dell'intero gettito fiscale inglese di un anno. Elisabetta rimase deliziata dal suo cane del mare preferito e lo nominò cavaliere a bordo della Golden Hind. Un riconoscimento formale di tale portata era un chiaro messaggio rivolto a Filippo II: i cani del mare rappresentavano la loro sovrana ed erano diversi dai pirati di tutte le altre nazionalità (compresi inglesi) che vagavano per i mari. Drake divenne l'uomo più ricco d'Inghilterra (in termini di denaro contante), una fonte d'ispirazione per tutti gli altri corsari e un eroe nazionale per molto tempo. La Golden Hind era ancora esposta in pubblico un secolo dopo il suo viaggio più famoso.

A Model of the Golden Hind
Modellino della Golden Hind
Alex Butterfield (CC BY)

Negli anni Ottanta del XVI secolo, Drake navigò in lungo e in largo, spesso razziando le ricchezze della Spagna nelle isole di Capo Verde, a Santo Domingo, Cuba, Colombia, Florida e Hispaniola (Haiti). Nel 1587 Drake mostrò l'utilità dei corsari per la difesa nazionale, quando il suo attacco a Cadice affondò 31 navi spagnole, ne catturò altre sei e distrusse rifornimenti preziosi per l'Armata che Filippo stava allestendo.

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Walter Raleigh

Raleigh fu un corsaro ma anche un colonizzatore. Durante gli anni Ottanta del XVI secolo, organizzò tre spedizioni per fondare una colonia sulla costa dell’America del nord. Sperava che questa potesse servire come base utile per attaccare le navi spagnole nei Caraibi. La colonia di Roanoke in Virginia fu abbandonata, ma le spedizioni furono degne di nota per l'introduzione del tabacco e della patata in Inghilterra. Raleigh, tra il 1595 e il 1617, effettuò due fallimentari spedizioni alla ricerca della favolosa città d'oro di El Dorado, in Sud America. Il marinaio-cortigiano partecipò al secondo attacco a Cadice, nel 1596, che distrusse 50 navi spagnole. Tuttavia, avrebbe passato molti dei suoi ultimi anni nella Torre di Londra per contrasti con il re d'Inghilterra Giacomo I (r. 1603-1625) Fu lì che scrisse il suo celeberrimo "Storia del mondo".

Il più grande contributo di Raleigh alle attività dei cani del mare fu la cattura della nave portoghese Madre de Deus, alle Azzorre, nel 1592. Fu la preda più redditizia mai catturata dai corsari elisabettiani. La nave trasportava merci dalle indie orientali per Filippo II di Spagna e Raleigh finanziò la spedizione, anche se non prese parte all'azione di persona. La caracca era dotata di 32 cannoni e un equipaggio di 700 persone, ma alla fine fu sopraffatta delle navi inglesi che lavorarono all'unisono. Il carico di 500 tonnellate comprendeva oro, argento, perle, gioielli, stoffe finissime e rotoli di seta, cristalleria, porcellana cinese, spezie, avorio ed ebano grezzi e profumi. La sola regina ricevette merci aventi un valore di circa 80.000 sterline, non certo male per un investimento originario di 3.000 sterline. La presa di questa nave ispirò altri corsari a continuare le loro attività, ma il bottino della Madre de Deus non fu più eguagliato.

Madre de Deus Model
Modellino della Madre de Deus
Marco2000 (CC BY)

Gli equipaggi

Le navi dell'epoca erano scarsamente ventilate, gli ambiento angusti e l'igiene scarseggiava: era molto più probabile che un marinaio morisse di malattia piuttosto che per una cannonata degli spagnoli. Infatti, spesso le perdite erano così elevate che le imbarcazioni dovevano essere abbandonate per mancanza di un equipaggio sufficientemente numeroso per governare la nave. La ragione per cui i marinai sfidavano i pericoli del mare, le malattie e la guerra era la possibilità di acquisire ricchezza. Ai marinai delle spedizioni corsare era permesso prendere qualsiasi cosa volessero che non provenisse dal carico della nave catturata (che veniva diviso tra il capitano, gli ufficiali e gli investitori; solo una piccola somma veniva destinata ai marinai ordinari). In realtà era difficile controllare che il carico non venisse "alleggerito" dopo la cattura: un pugno di monete d'oro o persino di gioielli poteva mettere fine ai problemi finanziari di un semplice marinaio per il resto della sua vita. Di conseguenza, era più facile trovare l'equipaggio per una nave corsara che per un vascello dove non si prevedeva la possibilità di procurarsi un bottino. L'attrattiva di trovare un tesoro era così diffusa che spesso si creavano carenze di equipaggio per i pescherecci inglesi.

Gli insuccessi

I fallimenti dei corsari quasi eguagliano i loro successi. Il corsaro John Oxenham (c. 1535-1580) tentò di prendere il controllo di Panama, dove arrivavano muli da tutto il Sud America, carichi dell’argento che gli spagnoli raccoglievano. Oxenham sbarcò sull'istmo nel 1576 e lo tenne per un anno, dopodiché la sua flotta fu distrutta dagli spagnoli e gli inglesi furono catturati. La maggior parte fu impiccata, mentre altri furono costretti a servire sulle galee spagnole. Oxenham fu tenuto prigioniero a Lima, torturato per sapere quali fossero i piani inglesi nel Pacifico e poi giustiziato nel 1580.

Un altro disastro fu la perdita della Revenge, capitanata da Sir Richard Grenville (1542-1591). Grenville, come altri cani del mare, era un uomo poliedrico: membro del Parlamento, soldato, proprietario di una piantagione e marinaio. Tuttavia, è ricordato soprattutto per la sua coraggiosa quanto inutile difesa della Revenge, attaccata da navi spagnole nelle Azzorre, nel 1591. Grenville era in agguato intorno all'arcipelago, nella speranza di catturare la flotta del tesoro spagnola, ma fu colto di sorpresa da una grande flotta nemica. Le altre navi inglesi fuggirono e Grenville rimase isolato. La Revenge combatté valorosamente per oltre 15 ore, causando danni notevoli, ma alla fine dovette arrendersi, guadagnandosi una reputazione leggendaria nella tradizione marittima inglese.

The Fight of the Revenge
Il combattimento della Revenge
Charles Dixon (Public Domain)

Spesso la partecipazione dei corsari alle operazioni militari statali si rivelò un insuccesso. Due dei più grandi fallimenti furono la "spedizione Drake-Norris" del 1589 e l'ultima spedizione di Drake ai Caraibi nel 1595. La prima era composta da un'immensa flotta di 150 navi che aveva il compito di catturare Lisbona, ma terminò in una disfatta e senza la presa di alcun tesoro. La seconda sconfitta vide la morte di Drake mentre cercava di "bruciare la barba del re" per l'ultima volta. Incontrò una forte resistenza spagnola a Porto Rico e ottenne piccoli successi contro altri insediamenti ben fortificati. Morì di dissenteria a metà del viaggio. Ci sarebbero stati altri corsari, ma la sua morte rappresentò la fine di un'era.

Limiti e declino

La pratica della guerra di corsa come politica dello stato ebbe alcuni grandi pecche. La prima fu la scarsissima coordinazione tra i capitani delle varie spedizioni corsare. Persino all'interno della stessa flotta, gli obiettivi erano contrastanti, dato che dopo aver ottenuto la ricchezza bramata dal capitano e dai suoi investitori, si faceva spesso ritorno a casa. Un altro problema era la mancanza di qualsiasi valutazione strategica di lungo periodo, dato che tale politica poteva dare profitti nel corso di un determinato anno, ma non ne garantiva in modo costante. C'era anche la competizione da parte dei corsari francesi e olandesi, nonché dei pirati. Inoltre, gli spagnoli sapevano benissimo che gli inglesi avevano pochi scrupoli quando si trattava di ottenere grandi ricchezze. Come notò l'ambasciatore Guzman de Silva, "hanno buone navi e sono gente avida, con più libertà di quanto sarebbe giusta per loro". (Williams, 43). Di conseguenza, gli spagnoli reagirono alla minaccia posta dai corsari e presero le contromisure per minimizzare i danni. Gli insediamenti coloniali vennero dotati di fortificazioni e batterie costiere sempre più massicce. Anche se Filippo II fu costretto a far navigare la flotta del tesoro in periodi dell'anno non opportuni (con il risultato di far affondare ancora più navi a causa delle tempeste), nel corso del tempo l'utilizzo di scorte armate più potenti e la costruzione di nuove navi più veloci, permise la creazione di convogli che proteggevano efficacemente le imbarcazioni. Tra il 1590 e il 1595, Filippo riuscì ad avere una volta ancora una marina a pieno regime in grado di controllare i mari.

Alla fine, un commercio pacifico e stabile era molto più redditizio rispetto alla guerra di corsa, che andò in declino, nostante la pirateria vera e propria vide il suo apice tra la metà del XVII e l'inizio del XVIII secolo, con l'emergere degli imperi coloniali europei, che fornirono nuove tentazioni a marinai avventurosi, avidi di facili guadagni. La vera ricchezza, quindi, stava nel commercio internazionale e nella fondazione delle grandi compagnie commerciali, che raggiunsero dimensioni gigantesche (come la compagnia delle Indie Orientali, fondata nel 1600).

Eppure, sono stati i cani del mare che hanno mostrato all'Inghilterra (all'epoca ai margini dell'Europa) che si potevano gettare le basi per la fondazione di un impero globale duraturo collegato per mezzo della flotta. I marinai inglesi adesso erano forniti di una conoscenza dei venti e delle maree enormemente migliorata e dotati del supporto di carte molto più accurate e strumenti per la navigazione affidabili. Pertanto, anche i cani del mare hanno portato cambiamenti sociali. Coloro che divennero ricchi con la guerra di corsa si elevarono lungo la scala sociale, comprando proprietà e investendo in imprese commerciali che sarebbero diventati nomi noti. Oltre all'accumulazione di ricchezze, ci fu anche l'introduzione di nuovi prodotti che furono adottati da tutte le classi sociali, in particolare tabacco, zucchero, pepe e chiodi di garofano. Forse non è una coincidenza, dunque, se un galeone elisabettiano apparve sulle monete coniate dalla regina e rimase in circolo, su diverse monete, fino al 1971.

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Informazioni sul traduttore

Giovanni De Simone
Ho conseguito la laurea in Lingue e Mediazione Culturale con il massimo dei voti presso l'Università di L'Aquila. Ho una grande passione per la storia e sono convinto che l'attività di traduzione possa arricchire la conoscenza di ciascuno di noi.

Sull'autore

Mark Cartwright
Mark è ricercatore, storico e scrittore. Formatosi in filosofia politica, si interessa di arte, architettura e di storia globale delle idee. È direttore editoriale della World History Encyclopedia.

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Stile APA

Cartwright, M. (2020, luglio 03). I cani del mare - I corsari della regina Elisabetta [The Sea Dogs - Queen Elizabeth's Privateers]. (G. D. Simone, Traduttore). World History Encyclopedia. Recuperato da https://www.worldhistory.org/trans/it/2-1576/i-cani-del-mare---i-corsari-della-regina-elisabett/

Stile Chicago

Cartwright, Mark. "I cani del mare - I corsari della regina Elisabetta." Tradotto da Giovanni De Simone. World History Encyclopedia. Ultima modifica luglio 03, 2020. https://www.worldhistory.org/trans/it/2-1576/i-cani-del-mare---i-corsari-della-regina-elisabett/.

Stile MLA

Cartwright, Mark. "I cani del mare - I corsari della regina Elisabetta." Tradotto da Giovanni De Simone. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 03 lug 2020. Web. 05 dic 2024.