Mostri ed eroi della Scozia: il castello di Urquhart sulle rive del Loch Ness

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Joshua J. Mark
da , tradotto da Anna Ferrari
pubblicato il 13 febbraio 2020
Disponibile in altre lingue: Inglese, Francese, Spagnolo
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Le Highlands scozzesi sono tra i paesaggi più incantevoli al mondo, con siti famosi come il castello di Urquhart sulle rive del lago di Loch Ness, il campo di battaglia di Culloden e Clava Cairns, a cui si aggiungono montagne imponenti, profonde vallate e fiumi sinuosi. Il passato echeggia in quest’area dove ogni ruscello, lago, collina o valle ha la propria storia da raccontare su eroi, eroine, mostri misteriosi e semplici aneddoti di vita quotidiana in Scozia. Le rovine dei castelli e le vecchie farmhouse parlano di battaglie perse e vinte, generazioni scomparse e ancora esistenti, la storia di una terra che narra le sue vicissitudini da quelli che ora sembrano dei tranquilli campi e laghi mentre i visitatori percorrono quelle ripide strade che si snodano e si ineripicano per poi gettarsi improvvisamente nelle piccole valli e risalire ancora.

Come spesso accade, mia moglie Betsy e mia figlia Emily erano le mie compagne di avventura in questo viaggio nelle Highlands. Siamo saliti in macchina dalle Lowlands, lasciandoci alle spalle le grandi città, e abbiamo attraversato distese di campi occupati da pascoli di pecore su cui svettavano le alte rocce sporgenti delle ripide montagne sovrastate da un immenso cielo blu. Dopo esserci sistemati in un B&B nel centro di Inverness, ci siamo rimessi in viaggio per andare a esplorare uno dei luoghi più noti e più visitati della zona: il castello di Urquhart sulla rive del lago di Loch Ness.

Urquhart Castle
Castello di Urquhart
Betsy Mark (CC BY-NC-SA)

Quando si dice “Loch Ness”, in automatico si pensa a “mostro”. È un peccato, perché il lago è luminoso e splendido, lungo e vasto, circondato dai torreggianti pendii del Great Glen. Prima abbiamo vagato attorno al castello, poi siamo passati dall’ingresso principale e scesi verso la riva del lago. Ho pensato a come purtroppo la sua reputazione sia legata al mostro e venga spesso descritto come cupo, desolato e tetro. L’acqua luccicava allegramente al sole e c’erano delle imbarcazioni che sfioravano la superficie con le loro vele bianche e lucenti. Ci siamo fermati a osservare quelle barche e le alte montagne verdeggianti che tutt’intorno si protendevano verso il cielo blu.

Dal castello stavano arrivando altri visitatori diretti verso la riva e, alle nostre spalle, ho sentito una donna esclamare: «Guarda quei pazzi nel lago! Io non uscirei mai in barca sul lago di Loch Ness sapendo che c’è un mostro che nuota sotto di me». Avrei voluto controbattere, ma ci ho ripensato e invece ho deciso di raccontare a Betsy ed Emily la storia del mitico mostro nella speranza che anche le altre persone mi sentissero.

Il mito del mostro

La storia del mostro di Loch Ness risale al VII secolo ad opera di un monaco di nome Adomnan che morì nel 704 e che è meglio conosciuto per Vita Columbae, un’agiografia del famoso monaco irlandese vissuto nel VI secolo a cui si deve l’introduzione del Cristianesimo in Scozia. Nel suo testo, scritto circa cento anni dopo la morte di Columba avvenuta nel 597, Adomnan riporta che, quando Columba visitò Inverness nel 580-81 per evangelizzare i Pitti, questi s’imbattè in una «bestia acquatica» nel fiume Ness. Vicino alle rive del fiume, Columba e i suoi seguaci incontrarono un gruppo di Pitti impegnati a seppellire un uomo che era appena stato ucciso in acqua da una creatura. Columba rimase molto colpito dalla storia di quel mostro che minacciava la popolazione locale e disse a uno dei suoi uomini di tuffarsi nel fiume e iniziare a nuotare per attirare la bestia in superficie.

la storia di columBa e della bestia acquatica è stata più volte citata come LA testimonianza più antica dell’esistenza del mostro di loch ness.

La bestia acquatica comparve e cercò di attaccare il seguage di Columba, ma il santo la fece scappare urlando: «Fermati! Non toccare quell’uomo! Torna subito indietro!». Come prevedibile, i Pitti onorarono il dio di Columba per averli salvati e accolsero il santo e il suo seguito nella loro comunità, invece che scagliargli contro pietre o colpirli a morte con i bastoni, come avevano fatto in precedenza con altri missionari cristiani. Columba fu poi condotto dal loro re, Bridei I, figlio di Maelchon, il quale accettò il Cristianesimo e concesse ai missionari di costruire un monastero nel suo regno. La conversione di Bridei I è quindi riconosciuta come l’inizio della cristianizzazione della Scozia.

La storia di Columba e della bestia acquatica è stata citata più volte come la testimonianza più antica dell’esistenza del mostro di Loch Ness, ma essa presenta in realtà diverse problematiche. La prima, e la più ovvia, è che la storia riporta chiaramente che la bestia appare nel fiume Ness e non nel lago. Non che un mostro non possa nuotare verso valle se volesse, ma, davvero, perché dovrebbe? Il lago di Loch Ness è profondo 226 m (745 piedi) e lungo 36 km (22 miglia), uno spazio decisamente sufficiente per qualsiasi mostro, senza aver bisogno di avventurarsi nel fiume, che è invece meno profondo.

In secondo luogo, a parte un presunto avvistamento verso la fine del XIX secolo, non ci sono segnalazioni di alcun tipo in merito a un mostro nei pressi del lago o del fiume Ness dal 668 ca. al 1933, momento in cui inizia a tutti gli effetti la moderna leggenda del mostro di Loch Ness. Nel luglio del 1933, un certo Sig. George Spicer e sua moglie dichiararono di aver visto «un’insolita creatura» lunga 7,6 m (25 piedi) e alta 1,2 m (4 piedi) attraversare la strada vicino a Loch Ness. La segnalazione degli Spicer incoraggiò altre persone negli anni ’30 – e oltre – a fornire la propria versione degli avvistamenti e, col tempo, a creare elaborate truffe per “provare” l’esistenza del mostro.

Urquhart Castle Tower on Loch Ness
La torre del castello di Urquhart sul lago di Loch Ness
Betsy Mark (CC BY-NC-SA)

Perfino la famosa fotografia di “Nessie” scattata nel 1934, nota come la “Fotografia del Chirurgo”, e presente in tutti gli articoli o programmi TV dedicati al mostro, è stata da tempo dichiarata falsa. Infine, per quanto riguarda il racconto di Adomnan sull’incontro di Columba, il testo è stato tradotto dal latino con “bestia acquatica” (aqua bestia), termine che potrebbe riferirsi a qualsiasi animale acquatico esistente nella regione intorno al VI secolo, e non a un mostro (monstrum), che sarebbe stato interpretato e scritto in maniera ben diversa nel testo.

Quel giorno la donna vicino alla riva non aveva nulla da temere per le imbarcazioni nel lago di Loch Ness, tantomeno per le persone. Il lago è magnifico e in quella calda giornata, con il sole alto sulle nostre teste e la brezza che proveniva dall’acqua, non avrei potuto immaginare un posto più gradevole dove sedermi e parlare con la mia famiglia dell’assurdità del mostro di Loch Ness. Tuttavia, dopo un po’, abbiamo lasciato la riva e ci siamo incamminati sulla collina verso le mura e la torre della fortezza.

La storia dell’eroe

ANDREW DE MORAY SOTTRASSE IL CASTELLO AL DOMINIO INGLESE NEL 1297 E MOLTI RITENGONO CHE SIA LUI IL “VERO BRAVEHEART”.

Il nome del castello deriva dal gaelico/gallese e significa “luogo vicino al boschetto”. Adomnan, il cronista di Columba, scrisse di Urquhart nella stessa parte di scritto in cui raccontò della bestia acquatica. Columba arrivò al castello (in realtà, un altro castello situato su questo sito) per battezzare Lord Emchath, della popolazione dei Pitti, all’incirca nello stesso periodo in cui fece visita a Bridei I a Inverness. Betsy ed Emily sono state così gentili da chiedermi della storia del posto mentre stavamo attraversando l’ingresso principale e così le ho accontentate. Tuttavia, non hanno ascoltato semplicemente la storia del castello, bensì la storia di un eroe scozzese che in pochi conoscono: Andrew de Moray, che nel 1297 sottrasse proprio il castello in cui stavamo entrando al dominio inglese e che molti ritengono essere il “Vero Braveheart”.

Tutti conoscono il nome di William Wallace, anche chi non è esperto di storia scozzese. Molto tempo prima di diventare famoso a livello mondiale nel 1995 grazie al film con Mel Gibson Braveheart, Wallace era noto per essere l’eroe della prima Guerra d’Indipendenza scozzese. The Scottish Chiefs, popolare romanzo storico scritto da Jane Porter nel 1810 da cui trasse ispirazione Braveheart, diffuse un’immagine romantica di Wallace, che è tuttora visto sotto questa luce. La sua vittoria sull’esercito inglese avvenuta nel 1297 sullo Stirling Bridge è leggendaria ed è impossibile non ricordarselo mentre si percorrono le strade della città di Stirling. Eppure, com’è già accaduto, si potrebbe obiettare che la grande reputazione di Wallace nella storia della Scozia è frutto di una finzione, e che in realtà l’eroe di Stirling Bridge fu Andrew de Moray.

Ruins of Urquhart Castle
Le rovine del castello di Urquhart
Betsy Mark (CC BY-NC-SA)

Andrew de Moray era uno scozzese di origini normanne e apparteneva a una famiglia nobile proveniente dalle Fiandre. Le informazioni sulla sua nascita sono sconosciute e la sua figura compare e scompare nella storia degli anni 1296-1297. Viene citato dapprima a seguito della sconfitta scozzese ad opera degli inglesi nella Battaglia di Dunbar nell’aprile 1296. Le truppe scozzesi furono massacrate dopo un’infelice decisione tattica del loro comandante, John Balliol, e il padre di Andrew de Moray, Sir Andrew de Moray, e lo zio, William de Moray, furono fatti prigionieri e rinchiusi nella Torre di Londra, dove morirono nel 1298.

Lo stesso Andrew fu preso in ostaggio e portato, insieme ad altri nobili scozzesi, al castello di Chester nell’Inghilterra del Nord, dove rimase per circa un anno. Riuscì poi a fuggire e a tornare nella tenuta di famiglia ad Avoch, nella Scozia settentrionale, frapponendo così una distanza di 651 km (405 miglia), per la maggior parte costituita da territori ostili sottoposti al dominio inglese. Una volta giunto nelle terre di famiglia, de Moray scacciò le truppe inglesi e issò la bandiera dell’insurrezione sul castello di Ormond. Si occupò quindi personalmente di recuperare armi, equipaggiare un esercito e raccogliere informazioni sulle postazioni e i punti di forza degli inglesi. Trovò anche il tempo di sposarsi e sistemare la sua residenza di Avoch.

Nel corso del 1297 de Moray battè l’esercito inglese nella Scozia settentrionale, mentre Wallace era impegnato nella sua guerriglia a sud. Assediò il castello di Urquhart dopo aver teso un agguato a un grande contingente e, nonostante un inizio infruttuoso, riuscì infine a prendere il castello. Diede fuoco alla flotta inglese ad Aberdeen e conquistò la roccaforte di Balconie. In seguito, con un attacco a sorpresa, evitò uno scontro frontale con le truppe inglesi per la conquista del castello di Duffus e il castello di Boharme, sito di grande importanza strategica.

Urquhart Castle, Scotland
Castello di Urquhart, Scozia
Betsy Mark (CC BY-NC-SA)

De Moray aveva così diviso l’esercito inglese a Nord e, con le principali fortezze sotto il controllo scozzese, era ora in grado di conquistare efficacemente i restanti castelli. Andrew de Moray conosceva gli schieramenti e le tattiche militari e li usava a suo vantaggio. Wallace era invece un maestro della guerriglia. Da un punto di vista storico non è ben chiaro quando avvenne l’incontro tra i due e quando unirono le forze, ma è plausibile che accadde nell’agosto del 1297, quando Wallace suggerì un’azione concertata per scacciare gli inglesi. Le forze congiunte dei due condottieri si riunirono a Dundee o Perth per poi convergere sulla piccola cittadina di Stirling.

Wallace era ampiamente considerato un comandante abile e carismatico nella guerriglia, ma non aveva alcuna esperienza nella battaglia campale. Tre elementi rendono piuttosto evidente che Andrew de Moray avrebbe assunto il comando delle forze congiunte a Stirling:

  • La strategia di dividere gli inglesi, così come il dislocamento delle truppe, è in linea con le tattichie da lui utilizzate più volte nelle sue precedenti campagne militari.
  • Prima di Stirling non vi è prova di alcuna impresa militare simile da parte di Wallace che possa costituire un precedente per il suo successo sul campo di battaglia quel giorno.
  • Il nome e il sigillo di Andrew de Moray precedono sempre quello di Wallace in tutta la corrispondenza esistente, a prova del fatto che de Moray fosse il comandante delle forze ribelli e Wallace il vicecomandante.

Le testimonainze storiche riportano che nella Battaglia di Stirling Bridge avvenuta l’11 settembre 1297 de Moray attaccò frontalmente, dopo aver permesso a parte delle forze inglesi di attraversare il ponte, e divise l’esercito nemico in due, esattamente la tattica da lui già utilizzata in passato contro i nemici. La battaglia rappresentò una grande vittoria per gli scozzesi e gli inglesi abbandonarono Stirling. Tuttavia, de Moray fu colpito da una freccia o una spada e morì poco tempo dopo a causa delle ferite riportate nel novembre 1297. Dopo Stirling Bridge William Wallace non vinse più alcuna battaglia. A Falkirk nel 1298 le sue truppe furono massacrate dall’esercito di Edoardo I d’Inghilterra (r. 1272-1307) e nella battaglia di Roslyn del 1303 Wallace si rifiutò di prendere il comando, fornendo solo suggerimenti tattici tipici di un combattente di guerriglie, e non di un condottiero militare. Fu Andrew de Moray a pianificare, attuare e vincere tutti i principali assedi e scontri nel corso del 1297, inclusa la famosa Battaglia di Stirling Bridge.

L’origine di Braveheart

LA STORIA che ELOGIAVA wallace era così ben scritta che venne accettata come LA lente principale CON CUI valutare LA FIGURA DI wallace.

Come riuscì Wallace a oscurare completamente de Moray? Fu merito del potere della letteratura medievale. Nel 1477. Blind Harry, un menestrello alla corte di Giacomo IV di Scozia, compose un poema epico intitolato The Acts and Deeds of the Illustrious and Valiant Champion Sir William Wallace che attribuiva a Wallace imprese eroiche come l’uccisione di leoni in Francia e le numerose e abili vittorie contro gli inglesi. Harry racconta che nella battaglia di Stirling Bridge Wallace escogitò una trappola da far scattare sul ponte e che fece cadere l’esercito inglese nelle acque sottostanti. In realtà, tale trappola non fu mai citata dai cronisti della vera battaglia. Quest’opera di fantasia, che elogiava Wallace e le sue imprese, era tuttavia così ben scritta e così coinvolgente che fu accettata, se non come fatto storico reale, almeno come la lente principale con cui valutare la figura di Wallace.

Quanto raccontato non vuol togliere assolutamente onore al sacrificio di William Wallace per la causa scozzese, ma vuole chiarire il suo ruolo effettivo nella Prima Guerra d’Indipendenza del 1296-1328. L’importanza di Andrew de Moray sta crescendo gradualmente senza danneggiare l’eredità di Wallace. Un articolo comparso su The Scotsman il 26 aprile 2015 segnala l’installazione di tre plinti di granito sul luogo della Battaglia di Stirling per raccontare la storia della battaglia, di Wallace e de Moray, con particolare enfasi sul ruolo di quest’ultimo. Il titolo dell’articolo Scotland’s Forgotten Hero Andrew de Moray Honoured esprime chiaramente l’agnognato riconoscimento.

Conclusione

Ho raccontato a Betsy ed Emily la storia di Urquhart man mano che attraversavamo le stanze vuote del castello e salivamo sui bastioni. Era aprile e c’erano pochi visitatori. Il posto era quasi tutto per noi. Gli ho parlato di de Moray e dei suoi uomini nella campagna del 1297, prima di Stirling, tutti appostati nei campi circostanti per tendere un agguato al connestabile Sir William FitzWarin e della sua convulsa fuga all’interno delle mura che ci circondavano.

De Moray attaccò proprio queste mura, dissi, ma non riusciva a espugnare la fortezza perché non possedeva delle macchine d’assedio. Nonostante ciò, la sua determinazione prevalse e alla fine del 1297. conquistò il castello, che rimase presidio scozzese fino al 1303, anno in cui tornò sotto il dominio inglese. Nel 1307 fu riconquistato da Robert the Bruce durante la sua grande conquista attraverso il Great Glen, sette anni prima della sua vittoria sulle truppe inglesi nella Battaglia di Bannockburn il 24 giugno 1314.

In seguito il castello cambiò proprietari e bandiera diverse volte, cadde in rovina, fu ricostruito e ristrutturato dalla famiglia Grant a partire dal 1509 per poi arrivare al suo abbandono nel 1640. Ignorato da Cromwell al suo passaggio, il castello fu attaccato dai giacobiti e distrutto dagli orangisti. Gli abitanti della zona ne rubarono le pietre per costruire o riparare le proprie abitazioni. Urquhart era completamente in rovina quando lo Stato lo rilevò nel 1913 e avviò la ristrutturazione che salvò il castello.

Ruins of Urquhart Castle from Shore of Loch Ness
Le rovine del castello di Urquhart dalle rive del Loch Ness
Betsy Mark (CC BY-NC-SA)

Con fare scherzoso, una volta finita la spiegazione, Betsy mi ha detto: «Ecco perchè ti portiamo con noi, così non dobbiamo prendere una guida o fermarci a leggere i pannelli».

Abbiamo proseguito sulle scale e ci siamo fermati su un lungo approdo in pietra dove abbiamo guardato oltre le rovine del castello fino all’incantevole Loch Ness. Non mi stupisce che quel luogo sia una delle attrazioni turistiche più popolari della Scozia. Il posto emana storia, mistero e leggende, ma è anche uno dei paesaggi più spettacolari che abbia mai visto.

Mostri, eroi e battaglie epiche. Tutto sembra svanire non appena lo sguardo attraversa il lago, puntando alle lontane montagne che si ergono meastosamente sulle acque, i loro eleganti pendii e la loro intensa vegetazione sovrastata da un’altissima volta blu. Abbiamo visitato numerose località ricche di fascino e bellezza nel corso del nostro viaggio, ma quando penso alla Scozia, la prima cosa che mi viene in mente è sempre quel castello in rovina sulle rive del lago di Loch Ness. Nulla di spaventoso o cupo o hollywoodianamente eroico, ma trascendente e senza tempo nella sua maestosa bellezza e nelle storie che ha da raccontare.

Info traduttore

Anna Ferrari
Anna vive in Italia ed è una traduttrice freelance a cui piace scoprire sempre informazioni nuove su culture, lingue, tradizioni, storia, arte e teatro. Adora particolarmente la Scozia e la cultura scozzese.

Info autore

Joshua J. Mark
Scrittore freelance ed ex Professore part-time di Filosofia presso il Marist College (New York), Joshua J. Mark ha vissuto in Grecia ed in Germania, ed ha viaggiato in Egitto. Ha insegnato storia, scrittura, letteratura e filosofia all'Università.

Cita questo lavoro

Stile APA

Mark, J. J. (2020, febbraio 13). Mostri ed eroi della Scozia: il castello di Urquhart sulle rive del Loch Ness [Monsters & Heroes of Scotland: Urquhart Castle on Loch Ness]. (A. Ferrari, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/2-1499/mostri-ed-eroi-della-scozia-il-castello-di-urquhar/

Stile CHICAGO

Mark, Joshua J.. "Mostri ed eroi della Scozia: il castello di Urquhart sulle rive del Loch Ness." Tradotto da Anna Ferrari. World History Encyclopedia. Modificato il febbraio 13, 2020. https://www.worldhistory.org/trans/it/2-1499/mostri-ed-eroi-della-scozia-il-castello-di-urquhar/.

Stile MLA

Mark, Joshua J.. "Mostri ed eroi della Scozia: il castello di Urquhart sulle rive del Loch Ness." Tradotto da Anna Ferrari. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 13 feb 2020. Web. 03 dic 2024.