Campagna d'Italia di Napoleone (1796-1797)

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Harrison W. Mark
da , tradotto da Giovanni De Simone
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Napoleon at the Battle of Rivoli (by Henri Félix Emmanuel Philippoteaux, Public Domain)
Napoleone durante la battaglia di Rivoli
Henri Félix Emmanuel Philippoteaux (Public Domain)

La campagna d'Italia del 1796-1797, condotta dal giovane Napoleone Bonaparte, fu una fase decisiva all'interno delle guerre rivoluzionarie francesi (1792-1802). La sconfitta dell'Austria segnò l'inizio del controllo francese sull'Italia settentrionale e decise la fine della guerra ma, ancora più importante, lanciò Napoleone verso nuove vette di fama e potere.

La guerra della Prima coalizione, cioè la prima delle guerre rivoluzionarie, erano in corso dal 1792, tra la Francia repubblicana e una coalizione di potenze antifrancesi. La maggior parte dei combattimenti aveva avuto luogo nelle Fiandre e in Germania, relegando il fronte italiano a un ruolo marginale. Dopo aver preso il comando dell'Armata d'Italia (Armée d'Italie) nel marzo del 1796, Bonaparte trasformò il teatro di guerra italiano in quello più importante a livello operativo, sbalordendo l'intera Europa mentre sconfiggeva ogni esercito che gli austriaci gli mandavano contro e ridisegnava la mappa dell'Italia settentrionale. La sua brillante campagna costrinse l'Austria a chiedere la pace e a uscire dalla guerra nell'ottobre del 1797: Bonaparte era diventato uno degli uomini più influenti di Francia.

"Al destino"

BONAPARTE PARTÌ PER IL FRONTE DOPO UNA LUNA DI MIELE DI SOLE 48 ORE; LASCIÒ LA SUA SPOSA CON UN MEDAGLIONE D'ORO SU CUI ERA INCISA LA SCRITTA "AL DESTINO".

Il 27 marzo 1796, il generale Napoleone Bonaparte arrivò a Nizza per prendere il comando dell'esercito francese in Italia. Era stato un mese di fuoco per il giovane generale, che aveva ricevuto il comando il 2 marzo, solo sette giorni prima di sposare l'attraente Joséphine de Beauharnais. Joséphine era l'ex amante di Paul Barras, membro del Direttorio francese e uno degli uomini più potenti di Francia. Si diceva che Bonaparte avesse ricevuto il comando dell'armata solo perché Barras aveva fatto un favore alla sua vecchia favorita. Napoleone però si era già costruito una reputazione all'interno dell'esercito francese: si distinse durante l'assedio di Tolone nel 1793 e per aver schiacciato le rivolte realiste il 13 vendemmiaio 1795. Qualunque fosse la ragione dietro la sua nomina, Bonaparte partì per il fronte dopo una luna di miele di sole 48 ore; come regalo di nozze, lasciò a sua moglie un medaglione d'oro su cui era incisa la scritta "Al destino".

Arrivato a Nizza, il generale Bonaparte per prima cosa volle ispezionare le truppe. Si trovò davanti a un insieme di uomini stremati e demoralizzati, sul punto di disertare. I soldati stavano morendo di fame ed erano mal nutriti dato che i corrotti fornitori gli davano delle razioni scarse, di cui peraltro aumentavano il prezzo in maniera esagerata. Mancavano i rifornimenti basilari: moschetti, baionette e uniformi erano merce rara, e interi battaglioni erano scalzi. L'esercito non riceveva la paga da mesi e, quando arrivava, non erano altro che le praticamente inutili banconote chiamate mandats territoriaux ("promessa di mandato territoriale"). Questo era tutto ciò che il Direttorio, sul punto di essere destituito, riusciva a dare. A causa di malattie, diserzioni e caduti in battaglia, l'esercito, che nel 1792 ammontava a 106.000 uomini, nel marzo del 1796 era ridotto a soli 37.600 uomini e 60 cannoni, senza alcuna prospettiva di ricevere rifornimenti. Napoleone aveva l'occasione perfetta per lui.

Bonaparte conobbe anche i suoi ufficiali, molti dei quali sarebbero diventati grandi protagonisti della storia napoleonica. Il suo capo di stato maggiore era Alexandre Berthier, un genio dell'amministrazione, la cui capacità di lavorare 20 ore al giorno ed eseguire gli ordini che Napoleone dava a raffica permise di tenere in piedi e far funzionare l'armata come un ingranaggio. Tra i comandanti di divisione c'erano Jean Sérurier, un cupo generale con 34 anni di esperienza nel vecchio esercito reale; Pierre Augereau, un ex mercenario, maestro di ballo e duellante, che una volta uccise un ufficiale per un insulto ricevuto; André Masséna, un talentuoso generale la cui sete di bottino era pari solo ai suoi appetiti sessuali. Altri che sarebbero diventati celebri sotto Bonaparte furono Joachim Murat, Jean-Andoche Junot, Jean Lannes, Barthélemy Joubert e Auguste Marmont. Come nota David G. Chandler, "raramente una tale galassia di talento militare si riunì insieme nello stesso tempo e nello stesso posto" (57).

Portrait of Napoleon Bonaparte, 1792
Ritratto di Napoleone Bonaparte
Henri Félix Emmanuel Philippoteaux (Public Domain)

All'inizio, questi ufficiali non furono affatto impressionati dal loro nuovo comandante in capo. A soli 26 anni, il piccolo e asciutto Bonaparte "sembrava più un matematico che un generale", e il piacere che mostrava nel mostrare il ritratto della sua nuova moglie lo faceva apparire immaturo. I generali capirono presto di averlo sottovalutato. Immediatamente, Bonaparte riorganizzò il reparto dei rifornimenti, gestito da appaltatori corrotti. Richiamò la cavalleria dall'acquartieramento invernale e, senza troppo clamore, si assicurò un prestito di tre milioni di franchi da finanzieri genovesi. Reintrodusse la disciplina sciogliendo i battaglioni che si erano macchiati di insubordinazione e mandò davanti alla corte marziale due ufficiali che avevano intonato canzoni antirivoluzionarie. Nel giro di pochi giorni si era guadagnato il rispetto dei suoi subordinati: come ha osservato Masséna in una famosa frase, Bonaparte "indossò il cappello da generale e pareva cresciuto di sessanta centimetri" (Roberts, 75).

Bonaparte provò a conquistare anche la truppa, promettendo vittorie e ricchezze che fino a quel momento solo i soldati nelle Fiandre e in Germania avevano ottenuto:

Soldati! Voi siete nudi e mal nutriti; il governo molto vi deve, ma niente può darvi. La pazienza e il coraggio che avete dimostrato tra queste rocce sono ammirevoli, ma non vi daranno alcuna gloria - nemmeno una scintilla brillerà su di voi. Io vi condurrò nelle più fertili pianure del mondo. Ricche province, opulente città, tutto sarà a vostra disposizione... soldati d'Italia! Avrete voi coraggio e perseveranza?

(Chandler, 53)

Era una promessa audace, specialmente se fatta da un generale che ancora non aveva guidato un esercito in battaglia. Il 10 aprile, cinque giorni prima della data in cui intendeva iniziare la sua campagna, Bonaparte ricevette un messaggio che lo avvertiva del fatto che 53.000 soldati austriaci e piemontesi si stavano già dirigendo verso di lui. Per Napoleone era venuto il momento di affrontare il suo destino.

Il piccolo caporale

Il regno di Sardegna era in guerra con la repubblica francese fin dal 1793, ma non era molto motivato a combattere. I piemontesi non si fidavano del comandante austriaco Johan Beaulieu e dei suoi soldati, che ricambiavano il sentimento. Pertanto, l'intento di Bonaparte fu quello di metterli uno contro l'altro e sconfiggerli separatamente. Il 12 aprile, muovendosi con una velocità sorprendente, attaccò il villaggio montano di Montenotte, in un punto in cui la linea nemica era pericolosamente sovra estesa. Masséna, sotto una pioggia scrosciante, portò la sua divisione intorno al fianco destro del nemico, avvolgendolo. Nel corso della battaglia, gli austro-piemontesi persero 2.500 uomini, mentre i francesi 800: fu la prima vittoria da comandante in capo di un esercito per Bonaparte.

Nei giorni seguenti, Napoleone sconfisse di nuovo gli austro-piemontesi a Millesimo (13 aprile) e a Dego (14 aprile), dove riuscì a separare i due eserciti in ritirata. Dopo aver invaso il Piemonte, una settimana dopo sconfisse l'esercito piemontese nella battaglia di Mondovì (21 aprile), aprendosi la strada verso Torino, la capitale piemontese. Il regno di Sardegna cercò la pace e accettò l'armistizio di Cherasco il 28 aprile: in meno di un mese di campagna, Bonaparte aveva già buttato fuori un avversario dal conflitto. Adesso era il momento di fronteggiare gli austriaci.

Battle of Millesimo
Battaglia di Millesimo
Nicolas-Antoine Taunay (Public Domain)

Napoleone incluse una clausola segreta nel trattato di Cherasco che gli permetteva di usare il ponte di Valenza sul fiume Po. Questa notizia arrivò al generale austriaco Beaulieu, che sorvegliò il passaggio. Tuttavia, si trattava di uno stratagemma: Bonaparte in realtà attraversò il fiume all'altezza di Piacenza, circa 110 chilometri più a est. Gli austriaci furono presi di sorpresa e si videro costretti alla ritirata per proteggere la strada verso Milano. I francesi li inseguirono e, il 10 maggio, intercettarono l'esercito nemico mentre stava praticamente concludendo l'attraversamento dell'Adda, presso la città di Lodi. All'arrivo dei francesi, era rimasta solo la retroguardia a difendere l'ingresso in città. La retroguardia francese fu lasciata al comando del generale Lannes; adesso Napoleone dove attraversare il ponte sull'Adda prima che gli austriaci lo distruggessero. La compagnia di carabinieri del colonnello Dupas si prese il rischio quasi suicida di assaltare frontalmente il ponte: alle 5 p.m., i francesi caricarono sotto una grandinata di colpi austriaci. Alcuni soldati francesi, avanzando faticosamente sui fondali più bassi, incendiarono le postazioni austriache permettendo agli altri, carica dopo carica, di conquistare il ponte.

Di per sé, la battaglia di Lodi sarebbe di poca importanza: gli austriaci si stavano già ritirando, e le perdite furono uguali per entrambe le parti. Tuttavia, la battaglia aveva mostrato la determinazione e l'audacia dei soldati francesi, e presto avrebbe occupato un posto importante nella leggenda napoleonica. La vittoria a Lodi permise a Bonaparte di guadagnarsi l'amore dei suoi uomini, che affettuosamente lo soprannominarono "il piccolo caporale". L'esito dello scontro sembrò convincere Bonaparte della grandezza del suo destino. Lui stesso scrisse in seguito:

Non mi considero più un semplice generale, ma un uomo chiamato a decidere del destino dei popoli. Mi venne allora in mente che potevo davvero diventare un attore decisivo sul palcoscenico nazionale. A quel punto, si accese la prima scintilla di una grande ambizione.

(Roberts, 91)

Temendo che Bonaparte stesse diventando troppo popolare, a Parigi il Direttorio gli propose di dividere il comando dell'Armata d'Italia con il più esperto generale Kellermann, che comandava l'Armata delle Alpi; Bonaparte non solo rifiutò, ma minacciò di dimettersi se fosse stato costretto a condividere il comando. Non volendo rischiare di perdere il generale più di successo, il Direttorio abbandonò il piano.

L'entrata a Milano

L'ARMATA D'ITALIA VENNE PAGATA IN MONETA SONANTE PER LA PRIMA VOLTA DAL 1793.

Il 15 maggio 1796, l'Armata d'Italia entrò a Milano accompagnata dalla fanfara e dalla popolazione che la acclamava al suo passaggio, ben contenta della cacciata dell'esercito austriaco. Bonaparte intraprese immediatamente la riorganizzazione del governo milanese nel quadro di una nuova "repubblica sorella", creando uno stato satellite francese che prese il nome di "Repubblica transpadana". Napoleone aiutò a redigere la nuova Costituzione repubblicana, mettendo al governo i giacobini italiani e assicurandosi che fossero create associazioni politiche filofrancesi (clubs). Nonostante avesse indossato la maschera di liberatore, Bonaparte doveva ancora ricompensare il suo esercito, e così riscosse una somma di 20 milioni di franchi da Milano e dai ducati di Parma e Modena. Questo permise di pagare l'armata d'Italia in moneta sonante per la prima volta dal 1793. Bonaparte chiuse un occhio mentre i suoi generali depredavano la città, inviando inestimabili opere d'arte a Parigi.

Il 21 maggio i francesi partono alla volta di Mantova, dove Beaulieu si era rinchiuso con il suo esercito. Subito dopo la partenza iniziarono ad arrivare rapporti dello scoppio di ribellioni a Milano e Pavia. Bonaparte tornò rapidamente indietro e diede una severa lezione agli italiani ribelli. Una volta entrato a Pavia, permise ai suoi uomini di saccheggiare la città per diverse ore senza alcun controllo, mentre il generale Lannes si vendicò sulla cittadina ribelle di Binasco, uccidendone tutti gli abitanti maschi e bruciando le case. Tale brutalità serviva a far capire al resto dell'Italia occupata il prezzo che si pagava a sfidare i "liberatori" francesi.

L'assedio di Mantova

Mantova faceva parte del Quadrilatero, un sistema di quattro fortezze che controllavano i passi alpini che era la chiave del controllo austriaco sull'Italia settentrionale. Pertanto, quando Bonaparte assediò Mantova il 2 giugno con un esercito che nel frattempo si era rinforzato, per gli austriaci la vittoria era vitale. Il feldmaresciallo Dagobert von Wurmser, un veterano della Guerra dei sette anni, ricevette il comando di 50.000 uomini con l'ordine di rompere l'assedio di Mantova a tutti i costi. Per muoversi più rapidamente, Wurmser decise di dividere il suo esercito: affidò 18.000 uomini al comando del suo luogotenente, il generale Quasdanovich, che sarebbe dovuto avanzare verso sud, lungo la sponda occidentale del lago di Garda, mentre lo stesso Wurmser avrebbe guidato i restanti 32.000 uomini sulla sponda orientale. Quando a Bonaparte giunse voce di questa avanzata, egli sapeva che doveva sconfiggere i due eserciti separatamente, prima che riuscissero a congiungersi di nuovo.

Battle of Castiglione
Battaglia Castiglione
Victor Adam (Public Domain)

Alla fine di luglio, dunque, Bonaparte sospese l'assedio, abbandonando 179 cannoni e mortai e gettando le munizioni nel lago. Pochi giorni dopo, il 3-4 agosto, sconfisse Quasdanovich nella seconda battaglia di Lonato; il giorno successivo, sconfisse Wurmser nella battaglia di Castiglione. Dopo aver perso circa 5.000 uomini nel corso dei due scontri, gli austriaci furono costretti a ritirarsi, permettendo a Bonaparte di continuare l'assedio. Wurmser raggruppò nuovamente le sue forze e attaccò di nuovo alla fine di agosto. Dopo una serie di scontri, Wurmser fu sconfitto a Bassano l'8 settembre. Sperando ancora di rompere l'assedio, gli austriaci tornarono verso Mantova, ma vennero sconfitti di nuovo da Masséna e costretti a rifugiarsi a Mantova. Ora che si erano aggiunti gli uomini di Wurmser, non c'erano abbastanza provviste per dar da mangiare all'intera guarnigione. Quando Bonaparte riprese prontamente l'assedio, gli austriaci furono rapidamente costretti a mangiare la carne dei loro cavalli: nel giro di poco tempo, malattie e malnutrizione causavano la morte di 150 soldati al giorno, così come di innumerevoli civili. Nonostante le sofferenze, Wurmser rifiutò di arrendersi.

Abbandonato nell'Italia profonda

A novembre, gli austriaci tentarono per la terza volta di togliere l'assedio. Questa volta, il loro comandante era il sessantunenne generale ungherese József Alvinczi, successivamente elogiato da Bonaparte come l'avversario più capace nel corso della campagna d'Italia. Il 2 novembre, Alvinczi attraversò il Piave e mandò delle forze al comando di Quasdanovich in avanscoperta per prendere Vicenza passando da Bassano. Il 6 novembre, Bonaparte tentò di fermare l'avanzata di Quasdanovich nella seconda battaglia di Bassano, ma i francesi, trovatisi in inferiorità numerica, dovettero ritirarsi: fu la prima vera sconfitta della carriera di Bonaparte. Scendendo verso Vicenza, Bonaparte venne a sapere che una divisione francese al comando del generale Vaubois era stata duramente sconfitta vicino Cembra e Calliano. Sentendo il bisogno di ristabilire la disciplina, Bonaparte rimosse Vaubois e arringò i suoi uomini, dicendo: "soldati del 39° e 85° fanteria, non siete più meritevoli di appartenere all'esercito francese... il capo di stato maggiore farà scrivere sulle vostre bandiere 'questi uomini non fanno più parte dell'Armata d'Italia'" (Roberts, 120). Queste demi-brigade, prima umiliate, combatterono negli scontri successivi con più vigore.

Battle of Arcole
Battaglia di Arcole
Horace Vernet (Public Domain)

Il 12 novembre, Bonaparte riuscì a tenere Verona dopo un violento attacco austriaco; entrambi i contendenti ripresero i combattimenti il giorno seguente. Senza dubbio, questo fu il momento più buio della campagna, come evidenziato dalla disperata lettera di Bonaparte al Direttorio: "forse l'ora della mia stessa morte è vicina... siamo abbandonati a noi stessi nell'Italia profonda" (Chandler, 103). Bonaparte però non voleva ammettere la sconfitta: il 15 novembre attaccò Alvinczi nella battaglia di Arcole, combattendo principalmente intorno a un ponte sull'Adda. Dopo un iniziale tentativo di prendere il ponte da parte degli uomini di Augereau, Bonaparte stesso guidò la seconda carica. La carica si impantanò sotto il ponte, e il suo aiutante di campo fu ucciso a fianco a lui; anche Bonaparte probabilmente sarebbe potuto morire se non fosse caduto nell'acquitrinoso terreno sottostante. Dopo altri due giorni e 3.000 caduti, i francesi alla fine presero il ponte e vinsero la battaglia.

La vittoria

Dopo Arcole, Bonaparte continuò l'assedio di Mantova. Dei 18.500 soldati all'interno della guarnigione, solo 9.800 erano ancora adatti al combattimento; inoltre, le razioni della città sarebbero terminate intorno al 17 gennaio. Se l'Austria avesse voluto rompere l’assedio, avrebbe dovuto farlo subito. Un quarto e ultimo tentativo venne effettuato da Alvinczi: i due eserciti si scontrarono ancora una volta il 14 gennaio 1797 nella battaglia di Rivoli. La vittoria francese fu strabiliante: mentre i francesi persero 3.000 uomini, gli austriaci persero 4.000 soldati tra morti e feriti e 8.000 prigionieri. Rivoli infranse le ultime speranze di Mantova, che alla fine si arrese il 2 febbraio. Dall'inizio dell'assedio erano morti per fame o malattie 16.300 soldati austriaci e migliaia civili.

General Bonaparte Accepting Prisoners in the Italian Campaign, 1797
Il generale Bonaparte accoglie i prigionieri durante la campagna d'Italia, 1797
Nicolas-Antoine Taunay (Public Domain)

La caduta di Mantova aprì all'esercito di Bonaparte la strada verso l'obiettivo finale: Vienna. Il 10 marzo 1797, Bonaparte guidò 40.000 uomini attraverso il Tirolo fino a Klagenfurt e poi verso Leoben, in Stiria, da dove si scorgevano quasi le guglie di Vienna, lontana soli 160 chilometri. Bonaparte combatté delle battaglie minori contro l'arciduca Carlo, fratello dell'imperatore austriaco, ma gli austriaci non ingaggiarono un grande combattimento perché erano ancora minacciati dalle armate francesi sul Reno. L'Austria decise di siglare la pace, e Bonaparte accettò l'offerta di armistizio il 2 aprile, a Leoben. I dettagli dell'armistizio vennero fissati il 17 ottobre 1797, con il trattato di Campo Formio. Le guerre della Prima Coalizione erano concluse.

Bonaparte scavalcò tutti portando avanti i negoziati autonomamente in nome della repubblica francese, non preoccupandosi nemmeno di consultare il Direttorio. L'Austria riconobbe il controllo francese sul Belgio e sulla sponda sinistra del Reno, nonché la creazione di una nuova repubblica sorella in Italia, la Repubblica cisalpina. Per compensare le perdite territoriali subite, Bonaparte offrì il territorio della neutrale Serenissima repubblica di Venezia, che si rivelò l'agnello sacrificale ideale: i territori di Venezia vennero divisi tra gli austriaci e la Repubblica cisalpina. Finiva così la storia della repubblica veneziana, durata oltre 1.200 anni.

Conclusioni

La campagna d'Italia del 1796-1797 vide l'alba di una nuova era. Questi eventi contribuirono significativamente alla vittoria della Francia nel corso delle guerre rivoluzionarie, ma forse furono ancora più importanti per il ruolo avuto nella creazione del mito di Napoleone Bonaparte. Napoleone divenne una celebrità a Parigi e famoso in tutta Europa. I suoi generali, molti dei quali sarebbero diventati marescialli, guadagnarono fama e gloria in Italia. A nemmeno 28 anni di età, Bonaparte aveva ridisegnato la mappa dell'Italia settentrionale, dato vita a repubbliche, umiliato una delle più importanti potenze europee ed era diventato popolarissimo in patria. Nonostante tutto, la storia di Napoleone era solo all'inizio.

Domande e risposte

Cos'è la campagna d'Italia del 1796-1797?

La campagna d'Italia del 1796-97 fu una serie di battaglie tra la repubblica francese e l'Austria, nel corso delle guerre rivoluzionarie. Fu la prima campagna di Napoleone, che diede inizio alla sua ascesa.

In che modo la campagna d'Italia contribuì all'ascesa di Napoleone?

La campagna d'Italia convinse Napoleone del fatto che fosse destinato alla grandezza: egli condusse le operazioni tenendo sempre meno conto del governo francese. Le battaglie vinte aumentarono notevolmente la sua reputazione in Francia, dandogli fama, prestigio e influenza.

Quale fu la prima sconfitta di Napoleone?

La prima sconfitta di Napoleone Bonaparte ebbe luogo nella seconda battaglia di Bassano, il 6 novembre del 1796, durante la campagna d'Italia.

Come riuscì Napoleone a vincere la campagna d'Italia?

Napoleone vinse la campagna d'Italia guadagnandosi l'affetto dei suoi soldati e prendendosi cura di loro. Divise gli eserciti nemici ogni volta che ne ebbe l'occasione, sconfiggendoli separatamente, e sorprendendo gli avversari con movimenti rapidi.

Info traduttore

Giovanni De Simone
Ho conseguito la laurea in Lingue e Mediazione Culturale con il massimo dei voti presso l'Università di L'Aquila. Ho una grande passione per la storia e sono convinto che l'attività di traduzione possa arricchire la conoscenza di ciascuno di noi.

Info autore

Harrison W. Mark
Harrison Mark è diplomato in storia e scienze politiche presso la State University of New York a Oswego.

Cita questo lavoro

Stile APA

Mark, H. W. (2023, aprile 19). Campagna d'Italia di Napoleone (1796-1797) [Napoleon's Italian Campaign]. (G. D. Simone, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/1-21775/campagna-ditalia-di-napoleone-1796-1797/

Stile CHICAGO

Mark, Harrison W.. "Campagna d'Italia di Napoleone (1796-1797)." Tradotto da Giovanni De Simone. World History Encyclopedia. Modificato il aprile 19, 2023. https://www.worldhistory.org/trans/it/1-21775/campagna-ditalia-di-napoleone-1796-1797/.

Stile MLA

Mark, Harrison W.. "Campagna d'Italia di Napoleone (1796-1797)." Tradotto da Giovanni De Simone. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 19 apr 2023. Web. 08 ott 2024.